PITAGORA
Le opere sono state esposte: Palazzo Ducale, Sale dell'Esedra, Mantova, 1990; Castello dei Pio, Carpi, 1990; Complesso Monumentale S. Michele a Ripa, Roma; Palazzo dei Diamanti, PAC, Ferrara, 1991; Palazzo Crepadona, Belluno, 1991; Palazzo dei Priori, Sala del Grifo e del Leone, Perugia, 1991.
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Altre Opere
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Narra Porfirio:
Uomo notevolissimo, che aveva molto viaggiato e aveva ottenuto dalla fortuna ottima natura, aspetto nobile e grande e moltissima grazia e grande decoro nel parlare e nel comportarsi; dopo essersi cattivato il Senato con molti e bei discorsi, i magistrati lo incaricarono di fare ai giovani dei discorsi suasori, adatti alla loro età.
Nativo di Samo, visse nella seconda metà del VI secolo a.C. Le notizie sulla sua vita sono del tutto fantastiche. Riferisce ancora Porfirio:
Il medesimo Aristotele scrive di lui che, rispondendo con un morso al morso di un serpente mortale, lo uccise.
... Una volta anche apparve, nello stesso giorno e nella stessa ora, in Crotone e in Metaponto.
Aristotele racconta che una volta, in un teatro, si alzò e mostrò agli spettatori che la sua coscia era d'oro.
Eliano dice:
Pitagora insegnava agli uomini che era nato da semi migliori di quelli dai quali nascono quanti hanno natura mortale.
E Gellio riporta:
È noto che Pitagora stesso soleva dire di essere stato inizialmente Euforbo. Più tarde sono le notizie tramandate da Clearco e da Dicearco, che egli fu Pirandro, poi Etalide, poi una bella donna, meretrice, che aveva nome Alco.
Queste notizie funambolesche ci aiutano a capire l'alone di leggenda che si era creato intorno al personaggio, anche durante la sua vita, e a spiegare come la Scuola, dopo molti anni di grandissima fama, potesse venire attaccata, vituperata e persino distrutta. Dalla nativa Samo, Pitagora andò in Italia, a Crotone, dove fondò quella Scuola destinata ad avere uno straordinario successo, tanto da acquistare anche un notevole potere politico. Ciò provocò una violenta rivolta dell'opposizione che sembra abbia assalito l'edificio in cui la Scuola aveva sede e abbia ucciso i suoi più importanti membri. Pitagora riuscì a fuggire a Metaponto, dove morì all'età di 82 anni. Queste le testimonianze intorno alla famosa Scuola pitagorica.
Riporta Diogene Laerzio:
Non erano meno di seicento quelli che andavano ad ascoltarlo di notte e, chi era ammesso a vederlo, scriveva ai familiari di aver ottenuto una concessione straordinaria... E tanta fu l'ammirazione di lui, che della sua casa fecero un tempio.
Narra Porfirio:
Parlò anche ai fanciulli raccoltisigli intorno appena tornati da scuola; e quindi alle donne. Istituì anzi un'assemblea delle donne. Per tal modo s'accrebbe la sua fama e molti gli divennero compagni, sia della città (né solo uomini, ma anche donne; e una di esse, Teano, divenne famosa), sia re e signori della circostante regione, abitata dai barbari. Quello che egli diceva ai suoi compagni, nessuno può dire con certezza, perché serbavano su questo grande segreto. Ma le sue opinioni più conosciute sono queste. Diceva che l'anima è immortale, poi che essa passa anche in esseri animati d'altra specie, poi che quello che è stato si ripete ad intervalli regolari e che nulla c'è che sia veramente nuovo... La migliore dottrina è quella che libera l'anima dal dolore e dal piacere ed essi esercitano i corpi alle fatiche, per fortificare gli animi.
Riporta Diogene Laerzio:
Fino a Filolao, non fu possibile conoscere il pensiero di Pitagora; fu Filolao il solo che divulgò i tre famosi libri, che Platone si fece comperare al prezzo di cento mine.
Grazie alla divulgazione di Filolao, contemporaneo di Socrate, conosciamo dunque la dottrina dei pitagorici. La scuola di Pitagora non aveva come scopo principale la ricerca scientifica, ma la realizzazione di un certo tipo di vita, rispetto al quale la ricerca scientifica non era il fine, bensì il mezzo. La Scuola nacque come setta o Ordine religioso, con precise regole di convivenza. I novizi, nel primo periodo in cui venivano ammessi, dovevano solo tacere e ascoltare, due qualità considerate come le più difficili da acquisire. Superato questo periodo, potevano porre quesiti sulla musica, l'aritmetica e la geometria e scrivere quanto appreso. Poi passavano allo studio della natura e del cosmo. Il Maestro parlava nascosto dietro una tenda, quasi per separare il sapere dalla persona che fisicamente lo comunicava. Per i pitagorici, il principio era il numero o, meglio, gli elementi costitutivi del numero.
Dice Aristotele:
I pitagorici per primi si applicarono alle matematiche e le fecero progredire e, nutriti delle medesime, credettero che i princìpi di queste fossero princìpi di tutti gli esseri. E poiché nelle matematiche i numeri sono per loro natura i princìpi primi, appunto nei numeri essi ritenevano di vedere, più che nel fuoco, nella terra e nell'acqua, molte somiglianze con le cose che sono e che si generano... E inoltre poiché vedevano che le note e gli accordi musicali consistevano in numeri, e infine, poiché tutte le altre cose, in tutta la realtà, parevano a loro che fossero fatte a immagine dei numeri e che i numeri fossero ciò che è primo in tutta quanta la realtà, pensarono che gli elementi del numero fossero elementi di tutte le cose e che tutto quanto l'universo fosse armonia e numero.
Riporta Diogene Laerzio:
Nelle "Successioni dei filosofi' Alessandro dice di avere trovato anche questo nei documenti pitagorici: ... Principio di tutte le cose è l'unità; dall'unità nasce la dualità infinita, che soggiace all'unità come la materia alla causa; dall'unità e dalla dualità infinita vengono i numeri e dai numeri i punti, e da questi le linee, e da queste le figure piane, e da queste le figure solide, e da queste i corpi percettibili ai sensi. ... L'embrione prende forma in quaranta giorni; poi il bambino si completa e viene alla luce in sette mesi, o in nove, o al massimo in dieci, secondo le leggi dell'armonia. Il bambino ha in sé tutti gli elementi della vita; e questi, componendosi insieme, lo tengono unito: ciascuna parte si inserisce nel tutto al momento giusto, secondo le leggi dell'armonia. ... La virtù è armonia; e così la salute, il bene, Dio: il tutto, insomma, è composto secondo armonia.
Afferma Filolao:
Tutte le cose che si conoscono hanno numero; senza questo, nulla sarebbe possibile pensare, né conoscere. ... Nessuna menzogna accoglie in sé la natura del numero, né l'armonia; il falso nulla ha in comune con esse. Menzogna e inadeguatezza sono proprie della natura dell'interminato, dell'inintelligibile, dell'irrazionale. Giammai menzogna spira verso il numero; alla cui natura, difatti, è ostile e nemica la menzogna, mentre la verità è propria e connaturata alla specie del numero.