EMPEDOCLE
Le opere sono state esposte: Palazzo Ducale, Sale dell'Esedra, Mantova, 1990; Castello dei Pio, Carpi, 1990; Complesso Monumentale S. Michele a Ripa, Roma; Palazzo dei Diamanti, PAC, Ferrara, 1991; Palazzo Crepadona, Belluno, 1991; Palazzo dei Priori, Sala del Grifo e del Leone, Perugia, 1991.
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Altre Opere
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Dice Diogene Laerzio:
Empedocle di Agrigento era, a sentire Ippoboto, figlio di Metone, che a sua volta era figlio di un altro Empedocle... Era di splendida casata, dal momento che il nonno allevava cavalli da corsa... Fiorì nella 84 Olimpiade (444 a.C.)... Satiro, a sua volta, nelle “Vite’ dice che fu ottimo medico e ottimo oratore; e fu suo discepolo Gorgia di Leontini, uomo eccellente nella retorica e autore di un manuale su di essa... Vestiva di porpora e portava un serto aureo - come ricorda Favorino nelle ‘Memorie’ - e calzari di bronzo e una corona apollinea. Aveva lunga chioma e servi l’accompagnavano; era sempre severo e di aspetto impassibile. Così passeggiava e a chi lo incontrava, appariva insignito di una dignità quasi regale.
Conferma quest’ultimo passo Empedocle stesso, nell’introduzione al suo poema ‘Purificazioni’, in cui si rivolge ai suoi concittadini di Agrigento:
O amici che abitate la parte più nobile della città, sull’acropoli lungo le rive del biondo Acragante; voi che vi date pensiero di compiere cose eccellenti, venerandi rifugi per gli stranieri, inesperti di malvagità, salute! Io mi aggiro tra voi tutti non più come un mortale, ma giustamente onorato come dio immortale, cinto di bende e di corone fiorite. E infatti presso coloro cui giungo, nelle fiorenti città, io ricevo venerazione sia dagli uomini che dalle donne. Essi mi seguono, dovunque, innumerevoli, tutti insieme ponendo domande, per dove è il sentiero che porta all’utile; gli uni mi chiedono profezie, mentre altri, da lungo tempo tormentati da infermità, chiedono di ascoltare una voce che prometta facile guarigione per ogni sorta di mali.
Prosegue Diogene Laerzio:
Morì a settantasette anni; a Megara c’è la sua tomba (secondo Timeo). Sulla sua età dissente Aristotele: dice infatti che morì a sessant’anni. Altri a centonove.
Differente è ancora la versione di Suida:
Costui con una corona aurea sulla testa, calzari di bronzo ai piedi e infule delfiche nelle mani, visitava le città, volendo che si rinsaldasse la convinzione che egli era un dio. Allorché divenne vecchio, di notte, si gettò nel fuoco del cratere, sì che il suo capo più non apparve. Così egli morì, ma il suo sandalo fu eruttato dal fuoco del cratere.
Ci racconta la sua dottrina Simplicio:
Egli afferma l’esistenza di quattro elementi corporei, fuoco, aria, acqua e terra, che sono eterni e possono cambiare solo nelle quantità e nelle dimensioni, a seconda che si uniscano o si separino. A questi aggiunge i poteri veri e propri che muovono gli elementi, e cioè la Concordia e la Discordia: è necessario infatti che gli elementi, pur muovendosi dalle rispettive posizioni, rimangano eguali a se stessi, ora unendosi a opera della Concordia, ora separandosi per effetto della Discordia.
Ma ci è consentito conoscere questa teoria direttamente da Empedocle, nei frammenti dell’altro suo poema “Sulla Natura’, dedicato all’amico Pausania che, secondo quanto riferisce Diogene Laerzio, era il suo amato:
Ma tu ascolta, Pausania, valoroso figlio di Aschita...
Un’altra cosa ti dirò: non vi è nascita d’alcuna delle cose mortali, né termine di morte funesta; ma solo mescersi e dissolversi di sostanze commiste vi è e fra gli uomini ha nome nascita. (dal frammento 8)
... ora infatti l’uno si accresce dal molteplice derivando, ora all’inverso il molteplice dall’uno si genera. E doppia è la nascita dei mortali, doppia la dissoluzione. L’unione infatti di tutti gli elementi genera la nascita e a un tempo la fa perire, e all’inverso l’unione, separandosi gli elementi, dilaniata dilegua. E queste cose interamente mutando non s’acquetano mai, a tempo convengono tutte quante nell’uno per opera dell’amicizia; a tempo sono travolte, al contrario, separatamente ciascuna dall’inimicizia che nasce dalla contesa.
(dal frammento 17)
Questo che dico appare evidente nel complesso delle membra mortali: ora si riuniscono in unità per la Concordia tutti gli organi che il corpo ha ottenuto per sorte, al sommo della vita in fiore.
Ora divise dalla malvagia contesa sono respinte separatamente ciascuna al limite della vita.
(dal frammento 20)
poiché molte teste nacquero senza collo, nude braccia vagavano prive di spalle, ed occhi solitari erravano indipendenti da fronti.
(dal frammento 57)
... finché intimamente congiunti, il tutto ridiventi uno. Così, in quanto l’uno ha appreso a generarsi dai molti, e poi di nuovo compaiono i molti dissolvendosi l’uno, in questo divengono, e non è immota la loro eterna durata. Ma poiché queste cose interamente mutando non s’acquetano mai, immobili in questo modo sono in eterno secondo il ciclo.
(dal frammento 26)
Il poema ‘Purificazioni’, cui si è già accennato, riprende invece il tema orfico della metempsicosi.
... tre volte diecimila stagioni dai beati dovrà allontanarsi, errabondo, nascendo nel tempo in figura di ciascun ente mortale, mutando i sentieri di una vita penosa. Infatti il potere del cielo con violenza li sospinge nel mare, il mare li risospinge sul suolo terrestre, la terra contro i raggi sfavillanti del sole, e questi li scaglia in vortici d’aria...
(dal frammento 115)
Della divinità dice Empedocle nel frammento 134:
Non si distingue certo la divinità per una testa umana sporgente sopra le membra, né due rami si slanciano fuori dal dorso, non piedi, non le veloci ginocchia, non genitali pelosi; ma vi era solo la mente sacra e ineffabile, che con rapida sollecitudine percorre l’intero universo.